4 April 2025
Un pensiero sulla vernice fucsia

Gentile Rettrice Antonella Polimeni,

in un post di ieri esprime sdegno per i recenti femminicidi ed esprime la sua vicinanza alla comunità universitaria che ha vissuto questa perdita, per poi sottolineare i danni fatti durante la manifestazione di ieri e chiedere il perché di questi danni.

Scrivo queste righe nella convinzione che questa domanda fatta pubblicamente sia motivata da un genuino interesse al dialogo, e non solo un’esternazione di frustrazione.

Prima di tutto voglio chiedere scusa se queste parole non sortiranno l’effetto desiderato, se arriveranno come polemiche, o se verranno percepite come prevaricatorie, sono il mio pensiero espresso come riesco e con l’intenzione di curare, che vuol dire anche avvicinare.

Una parte di me, vedendo le foto dei muri scritti di fucsia ha sospirato con un certo disappunto, e anch’io mi sono chiesto perché, sapendo che questo gesto avrebbe creato polemiche e conflitti. Tuttavia rinunciando a giudicare il gesto e cercando nell’ascolto di questa rabbia così ferocemente espressa ieri una comprensione mi sono dato delle risposte.

Forse questa rabbia è diretta ad uno spazio che dovrebbe essere percepito sicuro ma non lo è. Forse leggendo “sorella non sei sola” su quei muri abitati quotidianamente una studentessa si sentirà meglio, più al sicuro. Forse sapere che quella rabbia che grida “bruceremo tutto” in fucsia su bianco di fronte alla facoltà verrà letta anche da chi ti ha minacciata o molestata è un sollievo, una protezione. Ma forse c’è anche di più.

Forse quei corpi che sfondano barriere e oltrepassano limiti in cerca di giustizia interrogano un’interlocutrice dicendo: io che ho solo il mio corpo sto facendo tutto quello che riesco, tutto quello che posso, e te cosa stai facendo? cosa potresti fare?

Può essere che a fronte di un solo CAV per le centinaia di migliaia di student3 dell’università, di una sola consigliera di fiducia che oltre alla sapienza segue altre aziende per chissà quante migliaia di situazioni alle quali diventa impossibile dare il giusto ascolto, di fronte ai GEP che non hanno fondi e si possono limitare a organizzare proiezioni di film ed eventi come carico di lavoro aggiuntivo oltre al normale lavoro accademico, all’assenza di percorsi di formazione sessuoaffettivi obbligatori per ogni studente, o di percorsi veramente partecipativi e democratici su come rendere gli spazi dell’ateneo più sicuri, può essere che di fronte a tutti questi vuoti, la presenza di così tanti cantieri non venga percepita come una cura del bene comune, ma come una retorica del decoro che troppo spesso finisce per rendere invisibili tutte le voci marginalizzate.

Mi scuso ancora se queste parole risultano troppo aggressive per essere ascoltate, o troppo poco arrabbiate per fare giustizia. In questi momenti turbolenti sono usciti fuori tanti problemi e sono stati messi a confronto gesti, emozioni, idee. Vorrei che respirando si trovasse più equilibrio per occuparsi di problema condiviso, come dice lei. Per oggi abbia pazienza, ascolti queste voci, le ascolti al di là dei toni e dei gesti. Non contribuisca a queste divisioni. Che ci sia equilibrio nel parlare di violenza, e che per oggi la Sapienza odi solo la violenza patriarcale. Domani ci sarà tempo, se ci sarà apertura, per dialogare. Chi con gli stumenti a disposizione di studente, chi di docente, e chi di rettrice.

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  1. Andrea Drago, post-doc, la sapienza, Roma
  2. Margherita, Rome
  3. Roberto Muscarà, Student, Rome
  4. Leonardo Menechini, Student, Sapienza, Civitavecchia
  5. Valerio Sabbatini, Studente, Sapienza, Roma
  6. Gio Maccione, Studente, Roma
  7. Erica, Student, Rome
  8. Roberto Fratello, Data scientist, Roma
  9. Firdaous, student, Sapienza, San Giustino
  10. Riccardo, Studente, Sapienza, Roma
  11. Natalia Pasquetto, Student, Sapienza, Rome
  12. Maria Valentina De Nicola, Studentessa, Sapienza, Roma
  13. Elena, Student, Sapienza, Roma
  14. Eden Paradiso, Pomezia
  15. Gabriele Lombardi, PhD student, La Sapienza Università di Roma, Rome